La Giornata Internazionale degli studenti

Un giorno, tutti i giorni.

All’interno del variegato calendario di ricorrenze annuali merita una menzione più che speciale il 17 novembre, la Giornata Internazionale degli studenti, istituita nel secolo scorso. Il motivo? Il ricordo degli studenti uccisi dall’occupazione nazista in Cecoslovacchia e di altri eventi accaduti nel XX secolo, descritto dallo storico Eric Hobsbawm Il Secolo Breve, in una delle più interessanti analisi sul Novecento.

Il 17 novembre è stato dichiarato per la prima volta Giornata internazionale degli studenti nel 1941 a Londra dal Consiglio internazionale degli studenti. Costituitosi formalmente a Praga nel 1946, l’International Union of Students ha proprio nella celebrazione di questa data uno dei principi fondamentali costitutivi.

Prima però di procedere ulteriormente è bene chiarire un punto; questa giornata non è soltanto commemorazione, ma anche rivendicazione di un diritto fondamentale e inalienabile, ancora oggi minacciato in alcuni contesti e paesi.  

Praga, autunno 1939.

Un anno prima dell’invasione della Polonia (e del successivo inizio della Seconda Guerra Mondiale), la Germania nazista diede avvio alla strategia di annessione dei territori circostanti, come Austria e Cecoslovacchia. L’annessione dei Sudeti e di parte della Cecoslovacchia venne ratificata dagli accordi di Monaco del 1938, dai quali furono completamente esclusi i rappresentanti cecoslovacchi (ribattezzati perciò “Diktat di Monaco”), alimentando così un nascente senso di ribellione e insofferenza. Il passo successivo della strategia nazista fu l’inizio del definitivo piano di conquista dell’intero territorio, completato nella primavera del 1939.

La nascita del Protettorato di Boemia e Moravia scatenò di conseguenza forti venti di protesta, come la manifestazione studentesca del 28 ottobre dello stesso anno. Durante il corteo organizzato dagli studenti di medicina dell’Università Carolina, le truppe della Wermacht uccisero il lavoratore Václav Sedláček e ferirono mortalmente uno degli studenti presenti, Jan Opletal, che morì l’11 novembre 1939. La marcia funebre del successivo 15 novembre a cui parteciparono migliaia di civili e studenti, si trasformò in un’aperta manifestazione anti-nazista che spinse le truppe occupanti a rigide contromisure.

Il 17 novembre, due giorni dopo il corteo, l’esercito nazista giustiziò senza processo, tramite fucilazione, nove persone tra studenti e professori, ordinò la deportazione di oltre mille studenti nel campo di concentramento di Sachsenhausen, e la chiusura di tutte le università della Cecoslovacchia.

Atene, 1973.

Durante il secondo Novecento furono diversi gli episodi con al centro i vari movimenti studenteschi, dall’Europa al Sud America, dagli Stati Uniti all’Unione Sovietica; basti pensare alle manifestazioni negli atenei italiani durante il ‘68, al maggio francese dello stesso anno, ai disordini sociali delle dittature in Sud America, come nell’Argentina di Videla. Assieme a quello descritto di Praga, ce n’è uno che più di altri è rimasto negli occhi e nella memoria, avvenuto ad Atene nel 1973, il 17 novembre. 

Il secondo dopoguerra aveva determinato la presenza in diversi paesi, di un’influenza più o meno diretta di un controllo esterno; questo avvenne anche in Grecia a seguito degli accordi di Yalta che prevedevano la spartizione del “peso politico” principalmente a favore degli Alleati. Come altrove, anche nei territori ellenici, la strategia statunitense prevedeva una rigida struttura socio-politica anticomunista, con l’aiuto dei servizi segreti e delle forze locali.

La Grecia e i colonnelli

Intorno alla metà degli anni 60 i governi centristi greci entrarono in crisi, a seguito anche della situazione economica che minò la stabilità interna. L’incapacità del re Costantino II a creare un governo stabile per i successivi mesi aprì lo spiraglio a una svolta politica verso il centro-sinistra, alle elezioni del 1967. Il fallimento dei successivi piani di mantenere lo status quo da parte del monarca portarono al golpe militare nella notte del 21 aprile, in aperto contrasto alla svolta filosocialista che si stava presentando; i militari in poche ore presero il comando di Atene e convinsero il re a legittimare l’operazione che, da quel momento diede inizio alla dittatura dei colonnelli.

Gli anni successivi videro un deciso inasprimento della politica interna, caratterizzato da coprifuoco, legge marziale, oppressione poliziesca, torture e soppressione della libertà civile e di stampa. Nonostante un’iniziale crescita economica, frutto dell’alleanza con gli Stati Uniti, la crisi economica di inizio anni 70 e i primi passi della Distensione internazionale segnarono un momento di apertura alle riforme democratiche, a cui guardarono con interesse la sinistra e gli studenti.

Politecnico e transizione democratica

Con queste premesse il 14 novembre 1973 gli studenti del Politecnico di Atene entrarono in sciopero ed avviarono una forte protesta contro la Giunta. Nelle prime fasi della protesta non vi fu alcuna reazione da parte del governo militare cosicché gli studenti poterono barricarsi all’interno degli edifici; qui misero in funzione una stazione radio (usando materiale trovato nei laboratori) che trasmetteva in tutta l’area della città di Atene. Il messaggio trasmesso per ore nella capitale diceva: “Qui il Politecnico! Popolo greco, il Politecnico è la bandiera della vostra sofferenza e della nostra sofferenza contro la dittatura e per la democrazia”. Migliaia di lavoratori e di giovani si unirono nelle ore successive alla protesta sia dentro che fuori l’università.

Dopo tre giorni, il 17 novembre, la giunta inviò un carrarmato, che aprì le porte del Politecnico alle tre di notte. Il governo proclamò nuovamente la legge marziale e il coprifuoco, spense l’illuminazione in tutta la città e i militari fecero irruzione nel Politecnico. Seguì una notte di scontri e violenze, dentro e fuori i locali universitari: la repressione del regime fu brutale. Contemporaneamente allo sgombero dell’Ateneo, nel resto della città si moltiplicarono le barricate e gli scontri. Furono centinaia i feriti e ventiquattro i morti, tra cui il diciannovenne Michael Mirogiannis, assassinato a sangue freddo con un colpo di pistola alla testa a pochi metri dal Politecnico dal colonnello Dertilis (secondo alcune testimonianze al processo che si sarebbe tenuto anni dopo, a democrazia ripristinata). 

Al termine dell’operazione, da alcuni definita una “mattanza” da parte della polizia e delle forze armate della dittatura, l’ala dura della Giunta destituì Papadopoulos, sostituito dal generale Dimitrios Ioannidis, ma i tentativi di ripristino dell’iniziale dittatura ebbero vita breve e nel 1974 la Grecia si avviò a un processo di transizione democratica.

Praga, 1989.

Il 17 novembre 1989 rappresenta un momento storico molto importante per la Cecoslovacchia e per le sorti dell’Unione Sovietica, ormai avviata al declino. In occasione della Giornata Internazionale degli Studenti e nei giorni successivi, lavoratori, universitari e studenti delle scuole superiori cecoslovacche organizzarono una serie di manifestazioni pacifiche. Oltre al ricordo delle vittime del ‘39 l’obiettivo era sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di un cambiamento politico e di nuove riforme, come per il sistema educativo.

La partecipazione a quegli eventi di piazza fu massiccia, con circa 50 mila persone presenti; molti studenti dell’Unione Socialista della Gioventù erano contrari alla gestione del potere del Partito comunista, ma avevano sempre avuto paura di esprimere ad alta voce le loro perplessità, memori della repressione del 1968, passata alla storia con l’appellativo di Primavera di Praga. Le richieste di cambiamento ebbero come risposta violente cariche delle forze dell’ordine, creando panico e terrore; nella confusione generale, iniziò infatti a diffondersi la notizia, in seguito smentita, della morte di uno studente.

Dopo il 17 novembre, studenti e artisti entrarono in “sciopero permanente” con il numero dei manifestanti che continuava ad aumentare. Il 20 novembre 500 mila persone scesero in strada per protestare. La pressione iniziò a farsi sentire e il Partito comunista non poté più continuare a ignorare le richieste della popolazione.

La svolta

Il 24 novembre fu così un punto di non ritorno. I leader del Partito, compreso il Segretario generale rassegnarono le dimissioni, sancendo una storica vittoria per i manifestanti. Era ormai evidente che il regime non godeva più del supporto dei suoi sostenitori storici; intanto le proteste che si allargavano anche a Bratislava, dove era sorto il Movimento pubblico contro la violenza (Verejnosť proti násiliu). Il 27 novembre tutti i cittadini della Cecoslovacchia entrarono in sciopero per due ore, dimostrando compattezza nell’intero Paese e ufficializzando il ruolo di mediatore dei Comitati civici.

Il giorno seguente l’Assemblea federale eliminò dalla Costituzione gli articoli che sancivano la preminenza politica del Partito comunista. Il Governo tuttavia non accolse le richieste dei manifestanti, che continuarono quindi a protestare fino all’elezione ufficiale come presidente della Cecoslovacchia di Vaclav Havel. Quattro giorni dopo, il primo gennaio 1993 la nazione si divise tra Slovacchia e Repubblica Ceca.

Il diritto allo studio, oggi.

La successiva caduta del blocco comunista ha proiettato il mondo verso un’unica società globale e spezzato gli equilibri geopolitici dei secoli precedenti. Lo sviluppo tecnologico, la diffusione dei computer e di internet, la nascita di progetti come l’Erasmus hanno proiettato l’educazione in una nuova fase; un esempio su tutti in questo senso è dato dal più recente passato caratterizzato dalla didattica a distanza.

Un fatto però rimane centrale: il diritto allo studio.

La strada per il pieno riconoscimento di questo e altri diritti fondamentali è purtroppo ancora lunga e in salita. Un rapporto dell’Unicef afferma che nel 2020 i giovani senza accesso “ai livelli minimi di conoscenza” sono globalmente più di 600 milioni. La situazione è chiaramente aggravata in zone di guerra o sotto dittature, o comunque instabili e pericolose come in Afghanistan, Siria, Turchia, Nigeria; a titolo di esempio, secondo dati Unicef del 2016, in Liberia la percentuale di bambini che non ha accesso allo studio è del 62%.

Nella storia, come visto, esistono però momenti e svolte epocali in cui l’onda studentesca ha portato a lunghi ma inesorabili processi di miglioramento delle condizioni. Come a Praga nel 1989, o in Cile nel 2011. Qui, le mobilitazioni (paragonate al maggio francese per intensità e partecipazione) hanno portato a un successo storico: la scrittura di una nuova Costituzione, in sostituzione di quella del 1980, durante il regime del generale Pinochet.

Difendere il diritto allo studio è fondamentale per la cultura personale e sociale, nazionale e internazionale. Gli studenti rappresentano il futuro, in termini di bagaglio culturale e di valori. E’ sempre stato così, dovunque.

Buona Giornata Internazionale degli studenti a tutte e tutti.

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